
Quando si chiude un progetto e vedi che i ragazzi che sono dispiaciuti di non aver avuto a disposizione più ore, allora sai che hai fatto bene il tuo lavoro da docente…
I progetti PON rappresentano un’ottima occasione per le scuole di creare un sistema d’istruzione e di formazione di elevata qualità. Attraverso i fondi ricevuti, è possibile acquistare nuovi strumenti tecnici da spendere nella didattica, nonché promuovere attività specifiche legate ad un tema proposto dal progetto. Cosa succede però se la scuola, al momento in cui partecipa al progetto, non dispone di docenti che possano seguire le attività previste dalle specifiche misure? È stato il caso dell’Istituto Comprensivo Pio La Torre di Roma, che ha scelto di avvalersi della nostra Cooperativa per strutturare un percorso di 30 ore in ambito tecnologico per alcuni studenti di scuola primaria.
In accordo con il docente referente, si è scelto di suddividere gli studenti partecipanti in un corso di coding e robotica e in uno di modellazione e stampa 3D, orientando per entrambi i gruppi la didattica in un percorso basato su problemi e quesiti cui quotidianamente venivano sottoposti i ragazzi. Attraverso un metodo di lavoro strutturato scientificamente, gli studenti avevano così la possibilità di svolgere un determinato compito scoprendo le nuove tecnologie proposte, ed arrivare poi a formulare delle ipotesi e tesi e dunque raggiungere ogni volta uno specifico obiettivo di apprendimento.

E allora dopo un iniziale sopralluogo per valutare la strumentazione messa a disposizione con i fondi del progetto PON siamo partiti introducendo i ragazzi agli scopi del corso e muovendo i primi passi nelle interfacce dei programmi scelti.
Il corso di coding ha visto i ragazzi alle prese con concetti piuttosto complessi come variabile, funzione, loop, ma il vantaggio sta nel fatto che è possibile fare coding a scuola lavorando attraverso la programmazione a blocchi, i quali vengono messi insieme per dare istruzioni precise ad un programma. Il vantaggio di programmare a blocchi risiede nel fatto che si possono creare giochi, animazioni e storie interattive senza scrivere una sola riga di codice, ma piuttosto ordinando e spostando specifici oggetti grafici e disponendoli in sequenze. Questo è ciò che i ragazzi hanno avuto modo di apprendere, partendo da semplici istruzioni per animare gli sprites (personaggi messi a disposizione dal software).



Il primo giorno è stato inizialmente difficile per loro, ma l’idea di ragionare per piccoli obiettivi ha funzionato e i ragazzi si sono mostrati estremamente motivati dall’interfaccia giocosa del software. L’entusiasmo per il coding si è manifestato entro i primi due blocchi utilizzati ed è diventato poi un must della didattica per tutta la durata del corso. Ogni animazione creata risultava in un viso felice dello studente di essere riuscito a svolgere il compito assegnato e di poter vedere la sua storia prender vita. Il punto più divertente è stato senza dubbio quando i ragazzi hanno avuto modo di realizzare dei videogiochi e li hanno utilizzati: loro proponevano le idee (personaggi, ambienti, ruoli e azioni) e, attraverso la guida del docente, si cimentavano nella creazione di lunghe e talvolta anche complesse sequenze di blocchi che li hanno messi si a dura prova, ma alla fine gli hanno donato tanta gioia di aver imparato a programmare

Ma come ogni corso che si rispetti, dopo essersi divertiti bisogna aver capito cosa vuol dire esattamente programmare e dare istruzioni. I ragazzi hanno capito che se scriviamo delle istruzioni in sequenza il videogioco funziona, ma cos’altro possiamo fare col coding? Fin dove ci possiamo spingere? Per loro è stata una fantastica ed inattesa scoperta quella di poter imparare a programmare un robot: dal giocare a fargli provare emozioni fino a fargli emettere suoni, dagli spostamenti semplici fino a fargli superare ostacoli. Ogni lezione è stata uno stimolo dell’autonomia e della fantasia dei bambini, nelle osservazioni e nelle sperimentazioni di sfide giocose da risolvere anche attraverso tentativi ed errori
Per quel che riguarda il corso 3D, il software utilizzato ha permesso nei primi giorni di lavoro di far comprendere ai ragazzi i concetti di figura piana e figura solida, argomenti dei quali erano a digiuno considerata la giovane età. Ciò nonostante attraverso un percorso graduale gli studenti sono riusciti a familiarizzare con termini quali “cilindro”, “cubo” e “piramide” distinguendoli da altri come “quadrato” e “cerchio”. Questo è stato il passaggio chiave per passare ai fondamenti della modellazione 3D parametrica, ossia assemblare le geometrie solide tra loro modificandole per produrre oggetti che rappresentino la realtà. Partendo dall’idea che mettendo insieme ad esempio un cubo e una piramide si può produrre una casa, e che da un parallelepipedo e dei cilindri si può ottenere un tavolo, è stato poi possibile passare alla produzione di interazioni più complesse, relazionando progressivamente più solidi tra loro attraverso le operazioni booleane (addizioni e sottrazioni). Uno dei soggetti che ha maggiormente riscosso successo tra i ragazzi è stato il castello medievale

Certo il disegno 3D è affascinante e stimolante nella ricerca del corretto workflow per raggiungere l’obiettivo prefissato, ma ancora più affascinante è stato vedere poi un progetto realizzato al PC che diventa reale e tangibile. E allora i ragazzi si sono dimostrati curiosissimi di vedere per la prima volta una stampante 3D in funzione e stampare una loro idea. Ma se qualcuno di loro aveva anche solo sentito parlare di stampante 3D, provate anche solo a immaginarli quando hanno potuto vedere come uno scanner 3D riesce con elevata precisione a digitalizzare fedelmente un cranio di cavallo al computer…
Se è vero che imparare a modellare e stampare in 3D rappresenta di fatto oggi una competenza sempre più diffusa in molte sfere del mondo del lavoro, sicuramente una prospettiva affascinante in fatto di inclusione scolastica sta nel metaverso e nella realtà virtuale. Questa è stata la ciliegina sulla torta del corso, quando i ragazzi hanno imparato dapprima a costruire al computer ambientazioni tridimensionali con elementi di diversa natura, e poi hanno potuto utilizzare un visore per immergersi in altre realtà e ambientazioni. In questo senso, un’immagine di un bambino stupito vale più di mille parole

Coding e 3D sono attualmente due argomenti di forte interesse nell’ambito scolastico, in quanto consentono agli studenti di poter imparare a risolvere problemi e sviluppare creatività, logica, lavoro di gruppo e capacità organizzativa divertendosi e sperimentando quelle che sono le competenze richieste nel mercato del lavoro. I ragazzi imparano dunque a scomporre un problema in una serie di sottoproblemi concentrandosi così sugli aspetti più rilevanti anziché sul singolo obiettivo da raggiungere. Tali argomenti tuttavia possono essere degli argomenti spinosi che pongono il discente di fronte ad alcune difficoltà e, qualora non venissero seguiti correttamente durante lo svolgimento dei lavori, si rischierebbe di vederli scoraggiarsi e rinunciare definitivamente. È bene dunque ricordare che nella pratica del 3D e del coding bisogna lavorare per piccoli obiettivi cercando di far lavorare i ragazzi anche in gruppi dove i più capaci possano aiutare chi si trova più in difficoltà . Premesso ciò, i nostri ragazzi dell’Istituto Comprensivo Pio La Torre si sono dimostrati assai determinati e coesi nel lavoro di gruppo, e l’approccio didattico da noi proposto ha portato risultati al di là delle aspettative.
Siamo assai soddisfatti del lavoro dei nostri ragazzi, e ci auguriamo di rivederli presto all’opera!
Ringraziamo l’Istituto Pio La Torre, nelle persone del Preside Giulio Silvestro e della prof.ssa Rolanda Giannini, per averci coinvolto in questo progetto PON. Ringraziamo, altresì, gli studenti che hanno partecipato manifestando tanto interesse e passione durante tutto il percorso.